Sulla strada ancora

Certi momenti meritano di restare.
E’ forse la leggerezza di essere solo, un poco libero, carico di dolore che viaggia nel corpo come una palla di fuoco impazzita perche’ il dolore e’ fluido, il dolore e’ sempre in movimento e non sparisce ma si muove e laddove e’ funzione dello spazio allora e’ necessario, benaugurante perche’ sapere di esserci e’ questione di confini, di steccati senza i quali si resta aria poco calda.
Il dolore no, il dolore dice esattamente dove sei e se ci sei e per questo in certi giorni, in certe sere, stagliandosi al tramonto, diviene compagno ed amico.
Il dolore e’ bussola, il dolore e’ tracciato e li’ e solo li’ scolpisce le impronte con fluidi ed avvolgenti ricordi, foto successive, rotonde e morbide e non c’e’ piu’ nessun distacco, nessuna frattura, nessuna perdita di peso, equilibrio totale, totale posizionamento nello spazio come non esistesse un altrove, come se il bisogno di esistere si riducesse ad un unico, superbo punto.
Caldo ma non importa, perche’ sudare e’ mescolarsi con l’oceano, rientrare nell’agognato bisogno d’appartenere, di appartenersi eppure uscire dal melodrammatico bisogno di non essere e farsi cosi’ riconoscere, sussurrare e ugualmente ascoltare seppur in lingua semplice e poco elegante.
Io vedo, io capisco ed ognuno comprende di far parte di una piccola cosa che vale il tempo di uno sguardo, di un respiro incrociato, del senso di appartenenza nell’evento irripetibile di condividere ossigeno e sabbia, di mescolare l’assenza di pensieri a formare un grande, immenso, soave tutto.
Cosi’ e’ stato, cosi’ voglio che sia, cosi’ deve rimanere e vivo per cio’ che doveva accadere e almeno per poco e’ accaduto.
Beauty I’d always missed
With these eyes before,
Just what the truth is
I can’t say anymore.

Nessun dominio

Pace di suoni neutri, diretti ed immediati nelle orecchie di chi sa ascoltare immense sinfonie senza udire rumore di fondo di un oltre che e’ qui, perplessita’ esaurita a pochi passi, breve distanza che appare lontanissima senza fermarsi un momento nell’abitudine, nella consuetudine.
Pietre disposte da uomo potente eppur rimodellate da inquieta ed imprevedibile natura che respira, vive nella potenza del proprio esistere, parla col suo silenzio e ascolta i suoni del mondo che a volte, solo a volte, e’ sincronizzato duetto con note di sassofono disperso nella folla, col bisogno ormai sconfitto che non trova altra voce che non sia propria e persino indifferente passo partecipa ad inconsapevole concerto.
Resto immobile, respiro appena, potrebbe essere un momento perfetto e m’immergo in esso come schiuma viva, dicotomia tra pensiero e movimento, statico e silente in opposizione a fluido benessere, mescolanza con qualcosa che non conosco ma so essere essenziale, profumo di dimenticata purezza, fragranza che un tempo inondava risveglio e giornata tutta, quando simbiosi era ignoto permanente stato delle cose, sotteso pensiero.
Straniante effetto, universi lontanissimi in dolce collisione e d’un tratto sono ovunque, sintonizzato e allineato ad impensabile quiete, aliena sensazione dalla quale qualcosa dovrei pur imparare come non fosse magia bensi’ metodo, alternativo sentire, percezione diversamente tarata e contrasto di bordo che delimita e delinea.
Forse e’ magia di un suono che piu’ e’ lontano piu’ avvicina a se’ stessi, apertura un cio’ che si potrebbe definire spazio illimitato non fosse per troppa fretta che paralizza, interi giorni che ci possiedono restituendo poco o nulla e se fronde ventose sono braccia che si tendono lievi, posso ancora ricordare, sperare in giorni passati divenire futuro, sentire di possedere almeno in parte, certo il migliore dei destini possbili.
It doesn’t mean much
it doesn’t mean anything at all
the life I’ve left behind me
is a cold room
I’ve crossed the last line
from where I can’t return
where every step I took in faith
betrayed me
and led me from my home