Ventitre’ come infinito

E’ primavera. Dovrebbe essere estate inoltrata ma e’ primavera.
Giorno di fine Ottobre, notte di Maggio, alba di Gennaio e se non v’e’ differenza alcuna tra tempo e spazio allora corro veloce e non ricordo altro cosi’ prima d’ora o forse e’ stato ieri o un miliardo di milioni di miliardi di anni passati, di asfalti cancellati, di fiumi secchi, di alberi svuotati da foglie e rami, di paesaggi che come ombre sfumano e inquietano.
Ho viaggiato in diagonale tra l’alto e il basso per non dimenticare mai da dove vengo e ho lasciato pietre nere lungo il percorso per inventarmi il futuro e non trascurare che sopra ogni casa esistono soffitte, soffitte e bauli di polvere e fotografie che raccontano mani, sapori, odori, scogli e dondoli ed il respiro si accorcia, gli occhi si chiudono, le forze abbandonano e si smette di ricordare per iniziare e vivere confondendo direzione, sbagliando tempo.
Sono nato domani nell’epoca degli ascensori, quando la musica si fara’ argento, con gente sgargiante e sorridente tra televisori accesi e mondi sempre piu’ vicini, cosi vicini che un respiro e’ tempesta.
Primavera e’ sole che abbaglia ma primavera e’ pioggia gelata che nasconde movimenti e piega gambe perche’ so di essere caduto e aver tentato di rialzarmi ma al suolo di nuovo ho avuto paura di non riuscire e piantando dita in terra ho spostato il mondo e l’ho fatto con la rabbia di un dio malvagio.
Quando tutto e’ ripartito ho urlato nel guardarmi muovere ma c’e’ chi era li’ e ha visto l’illusione per poi voltarsi e farsi forza, in silenzio tornare, con un sorriso ricominciare.
Ancora le gambe non si muovono ma le braccia si e mentre tutto e’ fermo si guardano le stelle che la nebbia della citta’ ha tolto e si vola, giusto un poco, quel tanto che basta per bagnarsi in una nuvola, per scavalcare la Luna, per galleggiare a pochi centimetri dal suolo e illudersi sia questo, unico modo di camminare.
In un piccolo mondo ovunque ti giri c’e’ sempre la tua primavera a ricordarti che una ne esiste e rimane e i suoi profumi sono i tuoi, il suo sole il tuo e anche quando e’ lontana, il silenzio e’ il suo bacio in dono, la rugiada infinita memoria in gocce di vita alla quale e’ impossibile rinunciare.
C’e’ chi nasce per star seduto sulla riva d’un fiume, c’e’ chi viene colpito dal fulmine,
c’e’ chi ha orecchio per la musica, c’e’ chi e’ artista, c’e’ chi nuota,
c’e’ chi e’ esperto di bottoni, c’e’ chi conosce Shakespeare, c’e’ chi nasce madre
e c’e’ anche chi danza

Rovesciato lassu’ senza un perche’

Antica domanda. E se davvero cosmo tutto girasse attorno a me? Se scoprissi che incapacita’ di trovare soluzioni nasce dall’avere ogni risultato possibile negli occhi, nelle mani, nella mente? Se immettessi materia laddove aggiungere equivale a togliere quale sarebbe il mio peccato, la mia colpa? Quale condanna quindi?
E’ algebra errata, fisica aliena, geometria di sistema di riferimento completamente sbagliato, sbagliato non ignoto, sbagliato non ignoto, sbagliato e non ignoto e la storia d’analisi e colpe non piu’ regge, davvero non sostiene e sempre meno racconta verita’ nascosta sotto tavolo imbandito e sprecato, squallido.
Asse non levigato e schegge sulle braccia come corona di spine perche’ c’e’ un dentro e c’e’ un fuori, comunque un Dio d’ubiquita’ incerta e sicura sia almeno presenza decisa e convincente, ruolo da assumere e responsabile presa.
Ci vuole talento a distruggere, solo poco meno che costruire ma cio’ che differisce entrambi e’ linea di tempo in direzione da qualificare, a raccontare storia altrimenti inspiegabile, contorni talmente netti da apparire posticci e menzogneri.
Eppure guardo avanti e nel tenebroso orizzonte, chiarore di sole pallido qualcosa spiega e avanza dolce idea di sconfitta tramutata in vittoria perche’ se equazione e’ impossibile, impossibile diviene unica soluzione.
Piccolo, piccolissimo anfratto e dopo tempo e’ misura, scala a determinare meno sfuggente verita’ d’immensa porta per giganti di cosmica epoca d’oro quando il cielo era curvo e arcobaleno creava giorno illuminato d’impossibili colori, altri occhi, altri occhi, visione d’insieme alla quale prepararsi, essere pronti perche’ nulla e’ davvero indeterminato, inconsapevolezza come nuova ignoranza, stato immoto delle cose.
Mi bagni quindi il cielo, m’asciughino onde del mare, scaldi questa notte confusa certezza e ritrovarsi nella frequenza che frantuma roccia e stanchezza, perdita al posto d’abbandono, partita vinta perche’ non giocata e cosi’ sia, cosi’ canto, cosi’ m’incanto.
Living is easy with eyes closed,
misunderstanding all you see.
It’s getting hard to be someone
but it all works out,
it doesn’t matter much to me.

Simmetria tetragonale

Io sono equilibrio, sono centro esatto d’infinito vuoto e rovente esplosione di materia e tempo.
Io sono ogni strumento, ogni corda pizzicata su legno antico, accordo d’impossibile estensione, canto di popolo dimenticato, dialetto perduto, significato smarrito.
Sono capogiro che assale guardando il fondo, temendo precipizio, puntando dito al cielo e nel buio piu’ totale cercare orientamento e segno di vita, fuga da presente, manifestazione d’introvabile gioia.
Sono pagina bianca, immacolato niente che niente raccoglie, nulla descrive, superficie troppo, troppo liscia, impossibile lasciare segno, impossibile interpretare abbagliante candore, alone di cio’ che deve ancora essere, che potrebbe non avverarsi, che sara’ diverso, comunque, sempre.
Cerco parole inascoltate, incomprese ed incomprensibili perche’ in esse e’ nuovo linguaggio, inedita grammatica, caratteri come ideogrammi antichi, civilta’ genitrice di ere in cui umanita’ fu sogno e fantasia, filosofia che mal si adatta a tempi illuminati e illuminanti come gli oggi costruiti su echi e scheletri virulenti, gusci d’inutili concetti, polverosa intelligenza.
Cerco citta’ deserte, vuote lande di sterpi e cemento accatastato in cio’ che fu forse arte, a volte bisogno, altre profitto, luoghi di cui diffidare in quanto fragili, tenacemente propensi a desolante abbandono, possibile gioia, sovente rovina, lungo silenzio da non cercare, da non aspettarsi nel buio sempre piu’ profondo della ragione.
Desidero cio’ che dimentico di avere, riflessioni presto lasciate scivolare nell’assoluto ma se traccia resta tra giorno e oblio sia immersione amniotica e genitrice di nuovo pensiero foriero d’alternativa visione, chiara missione.
Desidero schiavitu’ d’irriconosciuta passione, elitaria prigione a ingabbiare mai compreso universo di forza e debolezza, esclusione immotivata forse ma so che questa vita rimane comunque mia e se una e non un milione, cio’ mi basta.
Take your time and you’ll be fine
and say a prayer for people there who live on the floor.
And if you see what’s meant to be,
don’t name the day or try to say it happened before