Otto luci asimmetriche

Ho freddo ed e’ strano, spiacevole e inaspettato, aria che non dovrebbe essere qui, odore dolciastro di salsedine incomprensibilmente spaventosa, come qualcosa d’impazzito, sovvertite leggi e revocata realta’.
Potrebbe essere desiderio di cogliere un’essenza che non so definire e spingersi un po’ piu’ in la’ e’ rabbia e frustrazione, mancato ricongiungimento con un giorno che fu importante, inconsciamente indimenticabile.
Viaggio separato da caldo cristallo, penso, credo di cogliere un’essenza, vedo colori gialli e marroni, so che non arrivo e so quanto vana sia la notte alla quale non segue il giorno e immagino di aiuto bisogno, metodo, tecnica, vasca di acqua e sale o semplicemente profumo indelebile e in questo superbo.
Spasmodicamente riproduco candida luce intervallata da colonne di pietra e storia e dopo luce acqua, riflessi magici nella penombra del mattino, domenica di festa, occhi che per la prima volta vedono e le mie labbra rapaci si nutrono di cose buone, cose nuove, bianco e arancione tenue magia di colori quando asfalto era strada immensa e senza pericolo alcuno, quando aveva senso farsi proteggere, riconoscere valore presto dimenticato, mai acquisito, sconosciuto al punto da smarrire genetica e millenni in feroce ricoprirsi di passioni e desideri irrealizzabili.
Eppure piacere e’ limitato, risposta non affermazione, come non voler vedere, come non voler sentire, adesso si ma dopo, arrivo, svolta sempre sbagliata, sovente dipersiva, affanno inutile, inutili lenzuola a difendere sonno turbato.
Restano frasi semplici ma disturbanti, verita’ elementari ma in qualche modo sorprendenti come vicinissimo ignorato infine spiegato ma stupirsi non e’ neppure gioco se moneta nel pozzo non trova fine di caduta da troppo tempo attesa, desidero ancora tutto da esprimere in tempo corto, battito levato e sospeso, antica passione sin d’ora illusoria, di sogno in sogno, di ora in ora, mescolate carte su tavolo sempre meno verde, sempre piu’ freddo e inospitale, partita troppo attesa, infine da concludersi, nel silenzio, nel gelo, nell’oblio.
I’m a doorman at my Death Row, you faceless foe of heart
An accent, a drop of darkest blood on snow, white feather in the tar….
a tearstain on your frozen face…
A life – in black and white

Rise and shine

Ancora scambio nebbia con sole, incerto su chi arroventa pelle e sensi maggiormente, se brividi da brina o sudore copioso, se abbagliare fu caldo plasma verticale o luci diffuse di traffico serale nell’inutile corsa tra case e tavole imbandite, se respirare vento e smog o corsa spasmodica in quantita’ per essere felici.
Rito di viale e luci basse e mai strada chiusa mi ha portato piu’ lontano, nessun ostacolo ha offerto piu’ scelte ed infiniti raccolti, barriere che aprono possibilita’ e nel caos ovattato della sera sentire voci e sussurri di amanti e poeti, cantori di speranze vicine come lenzuola fresche e profumate, fiori, fiori nella notte incapaci di stingere nel buio, piu’ forti dell’oblio, piu’ vitali nel silenzio, piu’ profumati nel vento che anzi veicola afrore d’antica provenienza, olfattivo ritorno a ricordi mai troppo lontani, un passo da palpebre socchiuse, ipnotizzati movimenti d’atavica danza rinnovata in nuova vita, nuovo futuro, inedita combinazione unica in cuore e gambe ma cosi’ era, cosi’ sara’ sempre.
Vedere il futuro di ora in ora, sentire singola carezza come se intera umanita’ donasse tutto il suo calore e ancora confondo, ancora non distinguo braccia da librerie gialle da siepi da motorini rossi da palazzi da ascensori da chitarre maledette da cio’che non era, cio’ che non e’, cio’ che sveglia petto mentre si dorme e interrompe sogni violenti, visioni spigolose, imperfetta visione rovente, abbagliante, dolorosamente a colori, misteriosamente profumata di menta e viola.
Tentazione di spogliarsi di tutto perche’ in ogni luogo del mondo strade si chiudono al passaggio, si schiudono alle fantasie piu’ sfrenate laddove vivono i racconti, quando speranze si sciolgono come miele in latte caldo, dolcezza di altro sapore che rivive nella nebbia, nel sole, nel bagliore diffuso che esalta nascondendo, prisma genitore d’arcobaleni e benefica elettricita’, scossa di piacere e dolore, nervi scoperti per tentare di capire, per districare dalle mani nebbia e sole, sole e nebbia, solo nella nebbia.
Disegnero’ ad occhi chiusi quei momenti
che ricordero’ come se fosse solo un’ora fa
e lascero’ che i miei pensieri ti tormentino
saranno li per farti compagnia
se vorrai

Termoregolazione animale

Caldo, caldo asfissiante, pareti umide, depressione, sudore veleno viscido sulla pelle, sciabolate di sole da vetri incandescenti, pavimento cedevole, trappola per voglia di fuggire, salvezza e condanna, troppo stanco per decidere, troppo confuso per scegliere, annientarsi in azione da non compiersi, incompleto gesto.
Ogni musica e’ frastuono e di frastuono sembra composto volume d’aria arroventata a restringersi, collassare in materia d’enorme specifico peso, irrespirabile ossigeno, fiato di dea malvagia, mortale spira che toglie vita, sottrae energie nel nome di arcaico rito, nel caos generato, nell’orrore pasciuto.
Ogni canzone passa distorta tra mani che non sanno piu’ afferrare, tra braccia di cartone bagnato e fragili, occhi infiammati, abbagliati, perduti, irrimediabilmente persi tra figure distorte, bocche che s’aprono invocando chissa’ quali sortilegi, malefici per non comprendere, per disconoscere propria umanita’ nella perduta ragione.
Forse lasciare ogni oggetto immobile e’ soluzione, forse spegnersi nella culla vibrante d’oblio ed infecondo riposo potrebbe donare pace, forse sussurrare minuscolo basta e’ cataclisma quando niente piu’ si sa riconoscere, se tutto cio’ in cui si crede e’ eco disperso in greto fangoso, se ultime forze sollevano lacrime e null’altro verso costellazioni crudeli e curiose, spirali metafora di circolare esistere, percorso obbligato all’interno di tunnel senza fine.
Si incertezza, si confusione, si smarrimento e poco a poco disagio antico del quale non dimentico fetore e come belva acquattata nei recessi piu’ profondi dei pensieri ecco paura di perdere, terrore di smarrirsi urlanti e sconvolti su sentieri irriconoscibili e lontani, troppo lontani per tornare indenni dentro casa,
Poi rabbia, poi carne flagellata e a brandelli, poi pentagramma ricomposto, infine acqua gelida nell’inutile battaglia ancora una volta combattuta e vinta, nessun orgoglio, coerente in fondo nel frugale pasto del ritorno e questo si puo’ essere fregio, indifferenza come medaglia in sempre piu’ immobile e freddo petto.
I’ve got a plug in baby
Crucify my enemies
When I’m tired of giving
God is in me
With broken virtual reality
Tired of giving