Avrai

Sono solo un po’ stanco, in fondo che vuoi che sia, e’ sempre questione di talento, talento del vivere in un passato come sarebbe dovuto essere e l’abitudine giusto quel paio di volte l’anno non sempre basta, non sempre e’ sufficiente per non guardare tra le crepe del soffitto, per tornare ad una finestra sempre piu’ piccola, sempre piu’ scura, sempre meno spazio la’ fuori ammesso che un fuori sia mai esistito.
E’ voglia di fottersi l’anima sbattendola contro cocci e rasoi, sentire qualcosa che urla dopo aver sigillato la bocca per non parlare e buttare le vittorie per ingoiare le sconfitte e vomitarle tra lacrime e bestemmie perche’ non possono vincere stupore e piacere e menzogne e bellezza e tutto quanto c’e’ nell’eta’ della conquista, nel momento del riscatto e del bisogno d’accettazione.
La nostalgia e’ per chi ricorda, e’ per chi ha vissuto, per chi ha amato e sofferto e agli altri resta un film in bianco e nero e del resto il sole brilla sempre alla televisione e in culo tutto il resto.
Le rughe degli altri sono i sorrisi che ho perso per strada e s’affaccia un orgoglio nuovo, voglia di nuovo dolore, sensazione da recuperare tra nuovo e vecchi compagni di strada e che strada, quella attraversata da una parte all’altra senza guardare, senza vedere, vivo nel non sentirsi vivo e non e’ mai passata, non passera’, non puo’ passare e finira’ senza passare, finira’ laddove qualcosa dira’ basta e basta e’ vicino, basta e’ lontano, basta fa paura, basta racconta storie spaventose che fanno dormire e voglio dormire, voglio il lampo che acceca e poi il buio che viva dell’istante di luce unica ed irripetibile.
Sapevo di qualcosa rimasto, non sapevo dove, tutto finito ed e’ stupendo come non potevo immaginare, perche’ lo stupore dura solo una vita e percio’ e’ prezioso sopra ogni altra cosa.
Il volume e’ altissimo, io non sono qui, non sono mai stato qui.

But we could live by the foot of the mountain
We could make us a white picket fence
Build a home by the foot of the mountain
We could stay there and see how it ends
Yes, we could stay there and see how it ends
We could stay there and see how it ends

Sulla strada ancora

Certi momenti meritano di restare.
E’ forse la leggerezza di essere solo, un poco libero, carico di dolore che viaggia nel corpo come una palla di fuoco impazzita perche’ il dolore e’ fluido, il dolore e’ sempre in movimento e non sparisce ma si muove e laddove e’ funzione dello spazio allora e’ necessario, benaugurante perche’ sapere di esserci e’ questione di confini, di steccati senza i quali si resta aria poco calda.
Il dolore no, il dolore dice esattamente dove sei e se ci sei e per questo in certi giorni, in certe sere, stagliandosi al tramonto, diviene compagno ed amico.
Il dolore e’ bussola, il dolore e’ tracciato e li’ e solo li’ scolpisce le impronte con fluidi ed avvolgenti ricordi, foto successive, rotonde e morbide e non c’e’ piu’ nessun distacco, nessuna frattura, nessuna perdita di peso, equilibrio totale, totale posizionamento nello spazio come non esistesse un altrove, come se il bisogno di esistere si riducesse ad un unico, superbo punto.
Caldo ma non importa, perche’ sudare e’ mescolarsi con l’oceano, rientrare nell’agognato bisogno d’appartenere, di appartenersi eppure uscire dal melodrammatico bisogno di non essere e farsi cosi’ riconoscere, sussurrare e ugualmente ascoltare seppur in lingua semplice e poco elegante.
Io vedo, io capisco ed ognuno comprende di far parte di una piccola cosa che vale il tempo di uno sguardo, di un respiro incrociato, del senso di appartenenza nell’evento irripetibile di condividere ossigeno e sabbia, di mescolare l’assenza di pensieri a formare un grande, immenso, soave tutto.
Cosi’ e’ stato, cosi’ voglio che sia, cosi’ deve rimanere e vivo per cio’ che doveva accadere e almeno per poco e’ accaduto.
Beauty I’d always missed
With these eyes before,
Just what the truth is
I can’t say anymore.

Qualche mese di troppo

Sono stato confuso o forse ho piu’ temuto di esserlo perche’ troppo e’ troppo poco nello spazio udito, nella luce che abbaglia, nell’acqua che soffoca e quando ho creduto che potevo andare, sono rimasto o forse e’ successo l’opposto ma che importa ricordare, sono stanco di ricordare.
Noia non era, gioia non era, alba non era, fari abbaglianti nella nebbia e improvviso bianco e nero si confondono, tutto grigio, troppo grigio e sottile disprezzo come lama per tagliare e passare oltre quando oltre e’ sempre stato qui e solo qui.
E’ che il solo destino auspicabile e’ un timpano in un oceano di violini, un tacco battuto nella silenziosa penombra di una cattedrale poi una corsa cieca e cadere senza forze col cuore che a poco a poco si spegne e lasciare tutto sognando la propria vita e che la musica sia battito, che il cielo sia carne, che i ricordi siano ossa e tendini.
Talvolta torno in strada, quella strada e salgo in auto dentro alle notti non troppo calde, pochi insetti, poco movimento anche nelle serrande abbassate di grigio televisore e ogni metro e’ una piccola spinta in avanti, la fuga di chi sente assottigliare l’aria alla velocita’ dell’aria poco illuminata, con i piedi che non correranno mai abbastanza, non troppo, troppo poco.
Cio’ che voglio e’ un divano pieno di parole e poi un giorno da spegnere e altre parole, gente da vedere e infinite parole, musica che esca da nuove grotte e ancora parole mentre scivolo via, silenzioso come un ladro, a lato delle aspettative, del bisogno di normalita’ e vita condivisa.
Ho scelto, bene o male ma che importa. Il tempo passa e cio’ in cui sono dentro si restringe e quando lo spazio sara’ terminato faro’ un cenno, un piccolo saluto.
No, non credo sorridero’, non troppo almeno, tanto non torno, non torno piu’.
Klammer auf, script, langugage, Klammer zu, ist gleich, in Anführungszeichen, javascript,
Eins Punkt eins, ist gleich, kleiner, Ausrufungszeichen, minus, minus,
HIDE ME
Browser, ok, ist gleich,
TRUE

Buono

Scappare e li’ lasciare, lasciare sul serio mani, torace, occhi, orecchie e labbra e non pensare, non ricordare, smettere di esistere in un luogo del quale non desidero avere memoria quindi io non so, no non so.
Pero’ mi domando quale sia il bersaglio di freccia scagliata da troppo tempo per averne memoria ma anche questo in fondo poco importa e difficilmente so, piu’ facilmente ignoro e non voglio, non mi interessa sostenere alcuno sguardo mentre parlo piano, filo di voce, apparente fermezza, tanta stanchezza, feroce belva tra le costole che non se ne vuole andare e non mi lascia, vorrebbe non far dormire e soffre mai paga, poco rassegnata.
Serve poco tormentarmi perche’ in fondo me ne sono gia’ andato e serbo presagio dell’ancor prima partire.
Un tempo era rabbia e derisione d’invidia coperta, lampadari e non pavimenti da fissare come se in alto le stelle fossero piu’ vicine, il silenzio piu’ pressante, il sospiro infine assente malgrado nessuno voglia che cio’ avvenga.
Quanti chilometri devo percorrere prima di smarrire la via di casa e cancellare l’intera mia memoria, quanti saloni pieni di gente ho da evitare per essere infine solo nella maledizione cercata di chi ha da espiare la colpa di non volere colpe, di non affrontare l’idea di essere altri e di altri l’orrenda abitudine e ciclo vitale.
Spezzare le catene del tempo, scivolare noncurante nell’altrui trascorrere perche’ ci fu quando come pietra non mossi vento che non fosse passato tra le mie dita perche’ c’e’ sempre un momento in cui tutto inizia e nulla finisce e immobile complicare cieli e montagne semplicemente perche possibile, noiosamente auspicabile.
Apparire, non piu’ delegare alle opportunita’ e alle occasioni e annullarsi dentro qualcosa non sia un ricordo e che spettri lascino pietre e intonaco laddove devono essere perche’ a volte prigione e’ ossigeno, e’ luce, e’ musica, e’ fuggire per non essere mai piu’ liberi.
It’s not far to never-never land, no reason to pretend
And if the wind is right you can find the joy of innocence again
Oh, the canvas can do miracles, just you wait and see.
Believe me.

La voce della rupe

Parlo di liberta’ eppure sono cristallo inerte che non risuona, simpatia d’onda assente o solo silenziosa, smarrita nei giorni che ho visto senza che vi fosse spazio per conservarli da qualche parte, in qualche modo fragili.
Fragili, fragile come quegli accordi che ho voluto seppellire nascondendo invero cio’ che mi ha fatto sprofondare nell’abisso di una normale vittoria quotidiana accettandola come fosse bisogno essenziale, vita come unico modo per guadare blu del cielo quando vento asciuga pensieri e si resta li’ inermi dall’assenza di paura e i movimenti lenti conducono nel morbido tepore di parole che sanno comprendere e chiudere nel silenzio cio’ che non riesco a dire, pronuncia di una preghiera antica della quale ascolto suono e il senso ne sorpassa la sintassi.
Voglia di fiore luminoso e delle sue canzoni, delle sue lacrime, di un sorriso prima dei titoli di coda e nella notte cerco sigarette spente e gettate nel vortice di inutile bisogno che mi fa vacillare e perdendo la presa scivolo e m’importa sempre meno perche’ in un cosmo capovolto il paradiso e’ nel fondo di tutti i desideri laddove algebra impazzisce eppure ogni somma ha un suo senso e geometria non delimita ma inventa nuove forme e sconvolto ritrovo un equilibrio altrimenti relegato a notti con molto piu’ inverno di questa, molto piu’ buie di questa.
Mi sento stanco, vorrei camminare e so che non mi fermerei innanzi ad un muro di luce nemmeno quando le mani trasparenti lasciassero il cuore esposto a pensieri tossici e famelici nel male che avanza da qualche parte anche se non so dove, se temo un perche’ nella giravolta cosmica dei sensi straziati ed infine inermi.
Perche’ e conosco il perche’ ma non ho voluto separarmi completamente da una idea di banale trascorrere di fatti, di piccola necessita’ e pago oggi l’umanita’ plastificata a me destinata non fosse pero’ la voglia d’indefinibile incertezza e magniloquente follia.
Preparate qualcosa, a qualcosa servira’.
Caught in a building of cages
Life turned away from reality
He feels no inside nor outside
Soulless waiting for the end