Dolce, grande, immenso

Quasi impossibile restare, quasi brillare, quasi premere con dolce fermezza e se una volta illusione non fosse, se avvicinare il giorno non significasse evitare la notte anzi esaltarla nel pensiero di chi resta, di chi ha ancora una canzone da ascoltare, da vivere in questi giorni spesso uguali, fatti di piccole ore, persino gioie ma in fondo nulla sono i diamanti se smarriti in oceano di un tempo che non appartiene e non si vuole.
Divertimento di cio’ che resta e forse e’ cinico pensiero, banale rivincita ma e’ bene non dimenticare che qualcosa deve ergersi tra il nulla e il cielo, che vi sia una stele d’umana fattura, di un racconto che potrebbe persino piacere se raccontato, magari moda o colorata sequenza d’immagini di breve ma imperituro istante nel cosmo fantasmagorico d’elettrica esistenza, di vuoto reso pensiero, elevato brusio elettrostatico, scintilla ora solo moneta di nessun scambio.
Pero’ conosco, pero’ ho capito, pero’ so e so tutto ma non c’e’ piu’ vento che rinfreschi, nessuna mano che trattenga e implori tra l’egoismo di ruolo che ho rifiutato senza scuse, senza imitare il bisogno di vivere.
E’ forse un giorno speciale e se non oggi un altro oggi e ancora un altro, sempre malinconico guardare in tutte le direzioni, certo troppe, una in piu’ non c’e’ dubbio, una in meno e si complica un gioco che ho lasciato ad anni banali di caleidoscopico bisogno, di spazio ad un passo dalla porta, da una finestra sempre piu’ stretta e corta e opaca e fredda al tocco quando sfiorare e’ necessita’ di umano esistere.
Sento quell’orchestra ed e’ li’ fuori e qualcuno ha suonato, qualcuna ha cantato, altri hanno lasciato terreno e spazzatura ed io non ho coraggio, ancora non ho coraggio di abbandonare terra calpestata ed e’ freddo, e’ umido e sara’ sempre cosi’, sempre cosi’, sempre cosi’ e non importa cosa stia guardando, non serve alzarsi in piedi, non c’e’ un quando se tutti i forse stanno terminando e cosi’ rimango in attesa dell’odio, in attesa di niente che come un gesto cancelli universo intero.
You can say the sun is shining if you really want to
I can see the moon and it seems so clear.
You can take the road that takes you to the stars now,
I can take a road that’ll see me through
I can take a road that’ll see me through.

…too few to mention…

Un passo ed e’ un passo pesante di quelli che scuotono fronde di alberi contro tramonti incendiati, contro umani perduti e si scuotono le stelle al di la’ della luce, si frantumano pianeti color smeraldo, si aprono oceani e nuovi dei trovano dimora tra polvere e cenere e calce e cristallo a pezzi sotto piedi nudi.
Un passo ed e’ uno nuovo in direzione che non so, forse avanti, forse indietro, forse laddove non sono mai stato e non importa perche’ ogni luogo e’ sconosciuto, ogni salto ultimo che mai potro’ compiere e alla fine morte, in fondo vita, nel mezzo un eterno precipitare ed e’ quell’eternita’ a dare forza, a muovere muscoli, a rendere leggero corpo stanco, sempre piu’ stanco, sempre piu’ stanco, doppia voce, coro ed e’ innanzi e urla e soffoco e trovo un senso o mi pare forse di avere la chiave di una porta che mai ha sbarrato la mia strada eppure un giorno mi sono spostato o rimasto pietra, non so dirlo se buio e’ dentro, se buio e’ fuori, se tutto si mescola e confonde declinandosi in stanza di orologi fermi, di tempo assente, di canzoni immutabili, di vibrazioni tra ossa e stomaco e nessun pensiero, nessun dolore, ignorare, ignorare, evitare, salto in quella voce e se doppia diviene tripla, decuplica e sa Dio se solo fosse abbandono, se solo sapessi urlare cosi’ forte, cosi’ maledettamente bene da rendere ogni stanza di questo universo senza tempo, senza il consapevole lascito di umanita’ che ricordo di aver avuto, di aver amato.
Un passo e non li conto, non li definisco, non li catalogo in un quaderno rubato troppo tempo prima e che piu’ ho voluto ricreare, ripensare tra automobili squadrate e buffi capelli di casa che battezzo unica, sola perche’ li’ ho dormito, li ho mangiato, li’ smarrito e mai ritrovato e cio’ che ho chiamato maledizione invero ha forgiato acciaio e tagliente lama, niente s’avvicina, tutto sfugge spaventato ed indefinibile non lascia dormire, non fa parlare, solo ricordare, emozione che non son riuscito a contenere, a sorridere sopra, a dire di essere e di avere, cerchio mai chiuso ma del resto non e’ forse questa la vera eternita’?
What can I say
I don’t want to play anymore
What can I say
I’m heading for the door
I can’t stand this emotional violence
Leave in silence
Leave in silence

Madre universo

Potrebbe essere un bar, forse un terrazzo troppo troppo caldo, magari una zanzara carica di terrore ed istinto e guardo, guardo, guardo senza ricordare ricordando troppo, confondendo si e che siano pochi i volti, pochi i passi, stanze piccole e soffocanti e fuggire, fuggire lontanissimo avvicinandosi al rancore, tenendo vicino ai pensieri il dolore, rabbioso rancore, silenzio umido e grigio, vicino, vicino ma lontano da cuore perche’ li’ cio’ che toglie sonno toglie vita e vitalita’, uccide con perfidia e noncuranza, merito e bisogno questa e’ la verita’ assoluta e incontestabile.
Voglia, voglia di dire basta ma non c’e’ urlo cosi’ forte da farsi udire laggiu’, laddove e’ andato perduto l’indefinibile senso del vivere e a ben vedere l’insostenibile peso di un treno che fischiando s’allontana e rammenta bar, terrazze, zanzare, terrori e solo l’istinto cambia in desiderio di fermarsi e non ascoltare piu’ nulla, nulla che piaccia e faccia ricordare.
Bisogno di distruzione, odori ed esalazioni difficilmente sopportabile, depressione della quale evito persino parola perche’ sintassi e’ concetto e concetto deve morire tra cenere e tizzoni gelidi e taglienti, alzare volume, alzare le mani, alzare sguardo su soffitto ogni giorno un po’ piu’ screpolato e cadente, curiosa similitudine d’occhi appannati e stanchi, certi giorni eccessivamente desiderosi di vento e sole, maggior parte d’altri notte e solitudine.
Manca un futuro a collegare bar, ad incendiare terrazzi, a cacciare zanzare e non c’e’ legame, non c’e’ desiderio di unire e su pagina bianca scolpire le parole “qui s’inizia” nel racconto senza autore da trovarsi piano piano, lentamente cercare, dolcemente scoprire ed infine abbandonare, abbandonarsi affinche’ si possa raccogliere ed essere lasciati in illusione d’eternita’ dovuta a cui tutti spetta fetta e medaglietta appuntata vicino al cuore, una piu’ grande su bicipiti roventi di forza e orgoglio, fantasia e speranza, accontentarsi e vincere, vincere sempre e se pavimento trema non farci caso, non pensare, non sentire, chiudere fuori tutto mentre c’e’ chi resta, c’e’ chi affronta il baratro del presente, ancora in piedi, ancora incosciente, ancora con giorno in piu’ da sottrarre, giorni in meno per restare, racconto che non diviene canzone, sorriso spento di sole che e’ stato, ha illuminato, ha cantato.
There’s something wrong with me chemically
Something wrong with me inherently
The wrong mix in the wrong genes
I reached the wrong ends by the wrong means

Il modo in cui si sente

Peso mi sovrasta dolorosamente e so che non reggero’, prima o dopo qualcosa iniziera’ a spezzarsi, cedendo, finendo, soffrendo, ricordando, rimpiangendo e non sara’ piu’ questione di quale ma se, non piu’ quando ma impossibile ritorno e se quel peso ora e’ dono d’importanza quando null’altro si sente e fa sentire d’essere, d’esserci, carne e non solo aria destinata a cosmo senza un solo saluto d’addio.
Rotolo non per fuggire ma per sentire, per sapere, per raccogliere esausto il premio dovuto, per sapermi un po’ piu’ libero e nel silenzio raccolto in preghiera per un dio ancora da inventare, forse definire eppure presente, possente, veloce nell’ascoltare, lentissimo nell’esprimersi perche’ sillabe di sue parole seguono agitarsi dei rami, susseguirsi di maree, spostamento di montagne ed e’ soffio sottile come lamento, come tomento, incessante mutare se felicita’ e’ immobile e dolore e’ movimento laddove s’inizia con urlo straziante definito gioioso.
Forse e’ vero che non guardo in giusta direzione ma non vedo piu’ cosi’ bene perche’ troppa luce rende penombra l’avvenire ed eccesso puo’ capovolgere difetto senza che qualcuno percepisca realmente un bisogno mascherato da volo libero fintanto che ali sono tortura in scatola sigillata e indistruttibile.
Chi ascolta certo mente, senza sapere, senza volere, senza giustificazione, senza cattiva intenzione e almeno un po’ e’ specchio per vedere, per vedersi, perche’ pericolo giunge sempre alle spalle e forse ignorare e’ giusta difesa, miglior attacco, senso di potenza ingiustificato ma senza il quale bisogno diviene capriccio.
Xilofono di massimo sole ed e’ cio’ che non se ne va e perdio rimane e so che non esiste peso, niente si regge laddove volare e’ noia e’ voglia e’ rabbia e’ essere e rimanere e se cio’ che accade fosse racconto per notti che non vogliono terminare allora attendero’ l’alba che sapro’ creare.
I’m nothing but a stranger in this world
I got a home on high
In another land
So far away

Segnali dal tempo

Una canzone ed e’ anno che non so se voglio ricordare se sorpresa e’ considerazione che non preserva piu’ da paure che affrontate non spariscono, non svaniscono ed e’ camminare su filo sottilissimo e doloroso da qualunque lato lo si guardi, con qualunque protezione si adotti, luce mostra, luce salva, luce svela, luce coprimi e nascondimi.
Asfalto e caldo, sudore e voglia di vento, ironica scoperta che vivere non e’ vita, dimenticare ultima illusione nel piu’ chiuso dei cassetti e conservare tutto, non dimenticare nulla, escludere dal quotidiano tracciando in solchi profondi e ripetuti vergati con rabbia e amore, disperazione ed incoscienza, innocenza piu’ perduta che conquistata ma tutto serve  si dice, tutto salva si spera, il cielo osserva, il cielo aiuta, il cielo perdona e permette, come canzone termina e si ripete, un po’ piu’ alta, un po’ piu’ spenta, noia e bisogno come molle d’esistenza, come urlo di vittoria.
Ore passano, vera trasformazione, parole restano ma non voglio sapere, leggere e’ proibito ma non buttare, mai gettare in pasto al dio delle storie dimenticate il proprio volto fiero e sopravvissuto che non dimentica eppure resta lontano dai ricordi insonni, dai nervi troppo tesi e scattanti, dalla dimensione creduta propria, vissuta con l’intensita’ di chi sa’ gettarsi e riprendersi, col sorriso di chi perde sangue e gioisce di strada verso casa ritrovata ma quelle non sono mura note, porta sicura di unica direzione ed entrare puo’ essere trappola se alba ancora ha senso, se tramonto sempre ispira, se finestra e’ considerazione di troppa o troppo poca liberta’, parole e non frasi, incompiuto discorso.
C’e’ tutto eppure sembra niente nell’aspettarsi una reazione di chi sa conoscere e comprendere ma esistono forze, magnetismi che diversi attraggono e uguali respingono, farsa di natura severa, forse ingiusta ma la casualita’ e’ ragione di chi non sa comprendere che esiste un inizio, una fine, ininterrotto centro dal quale impossibile e’ fuggire e nel vincolo vi e’ salvezza, nel legame negata fuga e come spesso accade, le reti salvano ma non preservano un brivido che seppur dovuto e’ da guadagnarsi, da meritare, da incorniciare quando in gola resta una parola sola.
The observation I am doing could
Easily be understood
As cynical demeanour
But one of us misread…
And what do you know
It happened again

Orologi perfetti senza alcuna alba

Tenue blu, celeste di un cielo che non vedo piu’, che a stento ricordo cosi’ come e’ nebbia cosmo intero, volti e accadimenti, allontanarsi e sprofondare nell’assoluto nulla, nel microscopico essere delle cose, nell’infinitesima sostanza degli oggetti, dei silenzi, dei movimenti che non piu’ sanno spiegare e regalare semplice pensiero, banale riflessione.
Osservo perplesso eppure disinteressato, futilita’ dell’esistere, inutilita’ dell’incedere, puntare il dito verso terra sottraendolo alle stelle perche’ sole gia’ scalda abbastanza e di nient’altro ho bisogno, punti a cerchi e rappresentare, a segnare delimitando un infinito che poi infinito non e’ mai a ben guardare, se ben si osserva, se non ci si fa sopraffare da paura del vuoto, da timore di un Dio vendicativo ed urlante.
Tra particelle come mondi vero vuoto, nessuna materia oscura, no luce e semplicissima complessita’ di strutture piu’ gestibili ed interpretabili e quale prezzo e’ stato pagato?
Forse accecante lampo, polvere, polvere che lentamente precipita verso eterno tempo e ruota ed infiamma e canta sommessamente la sua fine, il suo inizio, il dovere di esistere, il potere di comprendere delicati meccanismi impossibili ai piu’, miracolo ed eleganza per pochi eletti, illuminazione laddove ogni visione appare magnifica e non e’ illusione, non e’ inganno se davvero c’e’ bellezza ed equilibrio come cristallo tra sole rovente e rossa terra, terra arida ma evocatrice di realta’ alternative quando ordinario e’ incomprensibile noia, instabile sostegno di menzogne e paure, disattese vittorie e forse ci sei, si ci sei, puoi sentire, puoi leggermi, sai comprendere e che canzoni ascolti, quale notte non fa pensare sia ultima, perche’ su altri perche’ e avanti non e’ mai rimedio ne’ possibilita’.
Io cerco, io provo, si dira’ che riesco e se per qualcuno e’ troppo, io non sento dolore o esaltazione, vivo il senso del naturale esistere ma e’ forma d’onda di diversa frequenza cio’ che mi sottende, ordinario stato, condanna certa e che blu faccia male senza ferire, che tempo si compatti in fiume confuso e guidato eppure imprevedibile laddove vivere e’ condizione, non dono, non maledizione.
There is a pattern as well…
Right in front of me,
hiding behind the numbers.
Always has been.

Eleganza controllata

Nero, inchiostro nero su pagina nera ecco cio’ che scrivo, dove scrivo e mani inguantate smorzano sensibilita’ e tatto diviene artificiale sensazione, finto percepire, immaginazione che compensa sensi e voglie, desideri e bisogno di una eternita’ rapita, mancata, piu’ volte evitata a questo punto rassegnata.
Non tutte le porte possono essere aperte, vi sono stanze senza luce ed elettricita’, freddo e se non freddo umido, polvere gia’ depositata e pesante, grigio e antico ordine che sa d’abbandono voluto, mai forzato perche’ abbandonare e’ scelta o codardia, costrizione solo occhi sigillati in corsa cieca nell’illusione che nulla termini mai, che ginocchia reggano ogni sforzo, ogni movimento, ogni scatto che prescinde il gesto e la ragione.
Non tutte le pareti proteggono e finestre talvolta celano fuori da dentro, rosso selciato ora immaginato, viola vestito pieno e morbido, scambio che non costa eppure non gratuito ma dita spossate non vogliono contare e altre parole non vogliono uscire, desiderano senza sforzi ne’ fatica, aride di storie, annoiate da storia, partecipano a rito d’individuale confuso con pubblico ludibrio perche’ si esiste solo in altrui occhi, esclusivamente in altri discorsi come fossimo riflessi, ombre, proiezioni, invenzione di un insieme che annulla individui e divora passioni finalizzandole e epica fuori luogo e fuori contesto, nascondendo realta’ rifrangendola e scomponendola in frammenti a miliardi.
No, non entro, non ora, parte timore, molta indifferenza, poca speranza, semmai fermarsi a lungo schiacciati sul fondo, luogo umido ma silenzioso, eppure caldo e a suo modo accogliente ed e’ facile non avere altri pensieri se non i propri, infinito tempo in minuscolo spazio per abbracciare singoli piaceri, immortali necessita’ che si ergono su rottami di modernita’ abnorme e sfiancata, futuro che sa solo guardare avanti e non alto, bassa prospettiva che rasenta volonta’ di nulla, desiderio sempre meno proibito, sempre meno scontato.
You walk in a room and the world stops to stare
You mesmerize all who are caught in the glare
of the spotlight that follows wherever you go
does it light up the emptiness

Bassa Fedelta’

Ho ascoltato la voce della notte, innumerevoli voci e quante sono pur rimanendo una, che fragore tra sospiri che senza sosta vogliono cancellare e far dimenticare, lasciare alone di sogno, dubbio d’esistenza e immotivata perplessita’.
Ho guardato il cielo, qualcosa diverso nel blu, nel rosso, nei colori e non colori, sovraimpressione di neri fili ondulati e veloci, correre, scorrere, non capire eppure sapere cio’ che conta, intuire ed e’ nuovo intendere, sentimenti inaspettati covati nel gelo esteriore di fuoco sommerso, mistero e questioni accantonate perche’ qualcuno disse che non vi sono risposte a tutte le domande, qualcuno voleva cio’ che capiva e se uomo non ha ali allora volo non esiste, se parola e’ gola onda e’ fantasia, frequenza invenzione e questo mondo intero a soffio veloce, sterzata dolce, da divano a letto.
Poi energia davvero non si distrugge e forse e’ solo tempo che come fiume leviga ma non annienta e linee divengono numeri, numeri inesprimibili concetti di complicate e rappresentate formule ma tutto fa parte di sintassi da apprendere poco alla volta malgrado apprensione ed ansia, immatura fretta, abitudine eccessiva del correre nel proprio campo, coi giocattoli gia’ noti e a volte consunti sotto peso di anni inevitabilmente carichi d’esperienza e conoscenza.
Se vita e’ V rovesciata puo’ sguardo laterale compensare impossibile ritorno, scoperta, ricordi da reinventare, collocare nei giusti spazi e giusti sono sul serio se dormire coincide nuovamente con innocenza, se cio’ che lega e’ discorso che attende conclusione da anni, decenni di polvere e punti interrogativi, infine tocco delicato, rispetto e timore, respiro trattenuto senza sofferenza, senza sperare perche’ sapendo di ritrovare scrigno sepolto, vi nascosi magia rimasta tale, sospesa in paziente sorriso, materne braccia aperte e nessuna parola da spendere, giustificazione meschinita’ non richiesta, infinita opportunita’ in lunghissimo presente, eterna infanzia di occhi e orecchie avide, vogliose ed ansiose, confusione tra bisogno e soddisfazione, una volta tanto regalo senza prezzo alcuno.
Safe in the light that surrounds me
Free of the fear and the pain
My subconscious mind
Starts spinning through time
To rejoin the past once again

Girare non smarrire

Pensare a strani eventi, ricordi probabilmente inventati e cullarsi nella confusione mantenendo vivo presentimento che confusione non e’, obiettivo ancora tutto da chiarire, reale ed irreale sospesi come luci tenui nel profondo grigio di notte umida, faro da seguire come ultima salvezza, forse punto di non ritorno di preannunciata calma o stasi o arrendevole cedimento e dentro a nido ovattato poltrona maledettamente comoda e calda e voci gentili sussurrano parole che voglio sentire, massaggi a muscoli indolenziti e desiderio di fermarsi, si fermarsi, indotta quiete.
Sono gia’ passato per tutto questo, vinto perdendo battaglia, perso vincendo incomprensibile esistenza che non rinnego certo, da non osservare nell’insieme, piccole dosi, accenni ed accadimenti come isole d’arcipelago fitto e pescoso, fotogrammi non sempre uguali, leggere differenze infine narrazione, storia unica ed irripetibile.
Ora non conta perche’ se e’ vero che vetta rivela vetta, e’ anche vero di profondita’ anticamera di sempre piu’ recondito anfratto, infinito discendere e non e’ inferno, non e’ dannazione rovente, solo stanco cammino, buio tanto evocato, luce troppo assente ma scelta fu fatta nell’infinito nulla, nessuna concessione a limitato seppur caldo abbagliare e non so, cosi’ puo’ andare, cosi si puo’ accettare, cosi’ si puo’ restare.
Eppure ricordo suoni, alti suoni, canzoni e penombra, canzoni e lampi, canzoni e verde plastica, semplicita’ di qualcosa sottratto troppo presto, compensazione o solo predeterminazione ma ho toccato suono, ho posto domande, ho trovato risposte, ho raccolto frequenze come grano maturo perche’ in elettromagnetica terra sole e’ azzurra emissione, sensi contratti e d’un tratto espansi, battito di cuore molto piu’ grande, molto piu’ forte, molto piu’ possente.
Racconto ad occhi chiusi, metallo danzante su giro di basso e quelli sono gli anni, quella l’immagine che gira vorticosa attorno incerto centro, unico punto che potrei riconoscere, che dovrei ricordare, da li’ certo ripartire.
I was a swimmer in a foggy bar
I was trying to find some sea
I was the sound of the furniture
I was a silhouette for years

Mancata memoria

Da giorni ascolto inconscio perche’ usa parole che potrei capire, interpretare, storie legate e sensate piene di numeri, luoghi e persone, volti noti di carne e ricordo, case deformate, si deformate nelle quali sono pero’ padrone di spazi e strumenti in architettura coerentemente mescolata, piacevole in fondo, innocua certo.
Griglie elettrificate e uomini angelo salutano folla sorridente e distratta che festeggia il passo lento una volta tanto senza scopo, senza corsa, senza destinazione, cerchi concentrici poi verso casa liberazione, ibernazione sino alla prossima festa, al momento in cui uscire da ogni cosa divenga impellente necessita’, fosse uovo che nutre ma uccide soffocando, schiacciando, comprimendo senza spiegazione, nessuna logica che non sia uscire e respirare.
Respirare del resto e’ opzione importante non assoluta pero’, a tratti gesto collettivo, simbiotica appartenenza, illusione di socialita’ esaltata da paura e bisogno perche’ forza solitaria, collettivo debole e vigliacco, accettabile solo in innocuo rito d’irreale comunanza e dentro c’e’ uomo che vacilla e dubita eppure certo, consapevole e in cio’ ragione e potenza in eterno conflitto con falsi valori bidimensionali a quattro colori, regole del vincitore e da vincitore indisposto, appena sfiancato ma attento quando anni non pesano, quando domande aumentano, quando mondo tutto s’allarga e terre emergono incessantemente da abissi oscuri svelando costruzioni antiche eppure innovative, sbalorditive.
Letti pieni di terra e briciole ma prezzo va pagato, troppo salato ma gia’ si e’ speso, gia’ si e’ dato, gia’ nelle notti d’inverno gelo esce da oscura tana come lupo famelico del quale riconosco da tempo lezzo e taglia, nel vento ci si incontra, fiuto e scalpiccio di foglie bagnate, antico duello che incruentemente finira’ senza sangue ma col gemito di ultimo giorno, ultimo tramonto, ultima notte e non piu’ alba e lentamente accetto, sempre in piedi osservo vicina sabbia per tramutare orrore in sorriso, destino in scelta, brezza in canzone.
Don’t let the day go by
Don’t let it end
Don’t let a day go by, in doubt
The answer lies within