Scandire

Ritmi pericolosi in piazza di mille, troppi ingressi, varchi laddove pesanti porte fermerebbero invasione ritenuta un tempo non letale, non discutibile, non ammissibile.
In quella piazza cammino veloce, occhi bassi, sguardo timido quando non dovrei, quando bambini grandi mani, grandi piedi, lunghe gambe e tamburo nel petto urlerebbero distruggendo rami ed alberi ed invece penso a canzoni che nessuno ascolta piu’, guardo il cielo che non e’ stato, osservo tutte quelle nuvole che ho dimenticato di puntare col dito, forme divertenti, similitudini solo abbozzate, immagini imperfette eppure specchi di un mondo che e’ casa, solo ingresso, tavolo da cucina, stilizzate figure che non sorridono mai eppure qui artificialmente felici e se inganno e’, non sia detto troppo forte perche’ talvolta realta’ e’ vento gelido dal quale coprirsi d’illusioni.
Non so se ha senso sperare di non sperare, se astrazione puo’ essere alienazione e se puo’ il fuori divenire dentro o il contrario che importa se manca riferimento, punto immobile in una corsa solo differenziata dove vince il piu’ veloce, dove vince il piu’ lento, dove sopravvivere e’ linea di mezzeria, dove paradiso e’ accucciarsi a bordo strada non visti, occhi oltre le montagne di bianco argento, dinamiche non inquadrabili in definiti contesti come stanze a un passo dall’alzarsi ma nell’eterno istante di quiete cio’ che riempie lo spazio tra due infiniti e’ canto di donna, ideale purezza che ancora ricordo, che non cerco per non arrivare, per continuare ad alzarmi e un giorno in piu’ ignorare, un’ora in piu’ ritagliare carta lucida e come bambino coprirmi di stelle come dio rumoroso e beffardo.
Mi ascolto e volgo lo sguardo, anche per oggi il dovere e’ compiuto, le famiglie si ritrovano, affogano nel nulla che sa di oro e platino, le strade sono ritrovi di soli ed annoiati, qualcuno fugge, altri cercano un punto d’arrivo, io mi muovo parallelo alla superficie emersa perche’ il fondo e’ dentro, mai fuori se’ stessi.
Welcome to the grand illusion
Come on in and see what’s happening
Pay the price get your tickets for the show
The stage is set, the band starts playing
Suddenly your heart is pounding
Wishing secretly you were a star

Rappresentazione minima

E’ persino possibile che certi sabati pomeriggio riemergano come anime inquiete, come spettri generosi, come parole che non vogliono piu’ essere silenzio, come piccoli momenti che rendono indimenticabile una magia.
Magia, forse stregoneria, scoperta di un giorno ordinario e odierno in eterno diamante che nell’unico lampo proietta luce nell’eterno divenire ed e’ alba nel’oscurita’ del caos, del bianco rumore.
Fantasia e’ una parola di milioni di sillabe, e’ un canto alieno incomprensibile e meraviglioso, suono sintetico perche’ se realta’ e’ corda di violino allora cio’ che non e’ vale umana creazione, pulsar di strane frequenze e miriadi di bocche in altrettante direzioni, spazio e dimensioni.
Se un uomo solo puo’ essere orchestra, allora i suoi sogni valgono la sua vita, le sue speranze e certo il sangue e’ spartito, vene corda tesa dal pensiero all’eternita’ che separa l’irreale col possibile, l’incredibile con lo stupore.
Cercare, cercare e per una volta e’ contenere antichi riti di felicita’, sensazioni assopite alle quali mai ho rinunciato, essere, appartenere, sentire materia nel vuoto perche’ aria e’ densa e compressa di onde, frequenze tagliate, esoterica conoscenza d’un tempo improvvisazione, nell’oggi ripetuto seppur corretto.
Alle spalle eppur sostiene, forse incita, spinge a restare ed e’ logico, sensato quando si cade e ci si perde sul polveroso pavimento de prematuro arrivo e non comprendo bene come, non distinguo il provenire del battito, il divenire in pensiero di movimento di gambe ed occhi perche’ un tempo quell’aria, quelle vibrazioni erano barriera, scudo eppure lancia, meravigliosa ragione, splendente guerriero al mio fianco.
In fondo nulla e’ in piu’ ma gli anni seppelliscono cio’ che sfiorano ed e’ scontato quando non dovrebbe, veloce se andasse, splendida realta’ se solo io potessi.
Sguardi di azzurro dona il cielo che sa
Caldo crepuscolo sfiora la mente
che gia’ ricomincia a vagare per me
Antri di un sogno che va.

Antologia arancione

Curva lenta, immissione verso casa, senza tempo, senza cognizione, solo gioco rimandato, noia senza nome affogata in piccola tristezza, bambina mestizia ma in fondo passeggera, forse tempo di fugace pensiero su giochi finiti, risate da rinnovare, giorni cadenzati da consapevolezze inconsapevoli.
Strada rialzata, quasi un lancio fantastico, proiezione non viaggio poi qualcosa, poi assi instabili di legno, poi lamiere a racchiudere, poca terra brulla, residui di grassa umanita’ per qualcuno rifugio, per altri disprezzo, forse fastidiata smorfia, generico commento, sbuffo di fiato caldo e gia’ tanto, troppo quando c’e’ da correre, quando si deve pensare e in fretta.
Si, poche parole, singola frase, compassione sincera, dose di coscienza scaricata e in fondo siamo uomini, del resto dignita’ contraddistingue e parrebbe omaggio sentito, tanto basta, quanto basta.
Ci sono pensieri che viventi si agitano seppur ignorati, seppur dimenticati, malgrado non siano importanti, palesemente inutili ma esiste variabile valenza, diversa sistemazione su ripiani incellofanati e lindi di anima ancora da scoprire eppur formata e dolorante, inutilmente esposta ad intemperie, immaturi nervi scoperti, prematuri incontrollabili concetti come gioco finito male, come preludio ad unico possibile risultato.
Non bastarono parole, scuse ingiustificate di frasi innocenti ingigantite da inconsapevolezza di un mondo protetto e delizioso, giusta visione parziale, porta chiusa ma non troppo quando errore non e’ aprire bensi’ farlo da solo.
Ritorno a memoria di paesi lontani, a bambini infelici, a pioggia ghiacciata fuori stanze fredde e neon gelidi, mele e deserto cosparsi della paura di rimanere solo.
Qualcuno domanda, provo a rispondere, nessun segreto, poca voglia d’essere incompreso, forse ancor meno di far trapelare null’altro che cinismo e superficiale disprezzo verso un senso ancora tutto da inventare, ancora tutto da comprendere.
Every morning I would see her getting off the bus the picture never drops
it

Incrocio di stili

Essenzialita’ di una consapevolezza ma desiderio di discorrere, raccontarsi addosso in fondo ma va bene, che importa del resto se non si parla e tantomeno si ascolta, se la notte e’ una nota sospesa su un sassofono narrante laghi gelidi e riflessi meravigliosi, cielo, acqua, alberi, tutt’uno col freddo sole e non c’e’ poesia, no nessuna forma letteraria nella contemplazione dell’assenza di vita laddove vita e’ inutile all’economia di luogo, di sentimento, di essere e resistere, forse solo trovarsi, magari attendendo nel freddo di ombra eterna sapendo pero’ che luce non puo’ essere, non sempre puo’ essere, facilmente e’ illusione di statico movimento, di moto a luogo immaginario, fittizio avvenire in eterno presente incomprensibilmente dilatato e stravolto.
Ascoltare e si’ non comprendere, silenzio di un gesto quotidiano, banale in fondo, sostanza di poca forma, leggero fruscio di gas e metallo ed incredibilmente piu’ nessun mistero, ordinato e funzionale assenso, tutto normale insomma, tutto regolare infine perche’ a ben pensare solo una e’ la danza, sapore sudamericano, passi svelti, ampi sorrisi, gesti plateali, molto sudore, piacere di appartenere ad unico movimento che inevitabilmente finisce negli ultimi raggi di sole al tramonto, nelle torce che smettendo di definire e inventano suggestioni, evocano sospiri, raccontano di giorni finiti, di donne brillanti nell’oscuro lenzuolo del ricordo, di fantasie confuse cresciute e coccolate nell’abbraccio di fluorescente tubo catodico, di un giorno in piu’ che potrebbe essere quello giusto, quello non ancora ingrigito da polvere ed incuria.
Esiste perimetro ma non confine, muro ma non barriera e ogni carta e’ scoperta su tavolo senza giocatori, senza spettatori, solo fumo che sale da posaceneri esausti, spesse tende per racchiudere un mondo oltre la vita, oltre la ragione, oltre mani frementi eppure sempre meno inquiete, rassegnate dita eppure ancora forti, capaci di piegare, di piegarsi, di suggerire carezze intrappolate, dolcezze assopite, corde pizzicate, lampi gia’ passati, tuoni dimenticati.
And what will happen in the morning when the world it gets
so crowded that you can’t look out the window in the morning?
And what will happen in the evening in the forest with the weasel
with the teeth that bite so sharp when you’re not looking in the evening?

4.99

Non si puo’ capire da parole che non scrivo seppur trattenute con forza e pudore, che non pronuncio perche’ non sono io, non sono cosi’, non posso piu’, non devo mai, non riusciro’ oltre, non puo’, non e’, non e’ stato, mai esistito, mai visto, mai narrato, neppure una sola volta vissuto.
C’e’ un pianeta boscoso, coltre di rami, terra, foglie, odio, caotico silenzio ed inutile e’ correre, doloroso attraversare legno proteso, spine a difendere, verde a celare, ignora il centro esatto, irraggiungibile nulla, tesoro che nulla vale, meta senza destinazione, senza ragione, senza motivo reale o appartente, piu’ vicino a vizio che necessita’.
C’e’ plastica colorata in anonimi contenitori, dimenticate posizioni, scarto di un’epoca solo ora mi accorgo remota che nulla vale, piu’ non importa e c’e’ di che riflettere su tempo e il poco valore che ha, su niemte che rimane di ogni singola umana verita’, delle cause, degli effetti, canzoni e poemi come anime a termine, come amici perduti, amanti dimenticate e luoghi abbandonati ormai diroccati.
Ancora confondo il cielo con le stelle e non imparero’ neppure oggi, quale cura dottore puoi prescrivere se non ascolto, se ho abbandonato il sentiero del giusto per seguire cio’ che mi sentivo di fare, se non posso stracciare queste scomode vesti e liberarmi una volta per tutte della verita’ troppo presto imparata, troppo silenziosa da evitare con un urlo, troppo debole per calpestarla e ferirla, troppo oscura perche’ raggio di luce la illumini.
Senti cinismo, temi sia reale e non atteggiata posa, indotta arma eppure efficace, eppure assoluto essere, reale persistere, come goccia di cemento che sporca acqua, via fluido dentro materia inamovibile, senso smarrito di senso acquisito, vetrina interiore che oscura interno esaltando inutile aldila’ come altra realta’, come altra persona, come altro cosmo ma e’ tutto dentro, e’ tutto fuori, e’ noto, e’ oblio.
When love breaks down
The lies we tell,
They only serve to fool ourselves,
When love breaks down
The things you do
To stop the truth from hurting you

Antologico contemporaneo

Le fotografie non avvicinano ricordi ma amplificano distanze di tempo che non e’ stato, raccontano storie di giorni non vissuti e il silenzio di immagini approssimative e’ testimonianza che dura il giro di sfuggevole sguardo, solitaria riflessione nell’alzare di vitale battito, specie di vuoto nell’affaccendata presenza quotidiana, esserci e non mancare se non in rari momenti in cui si esce entrando in se’ stessi.
Mi domando dove sono stato mentre quella luce correva meno del solito, durante il restringersi dimensionale che divorava passioni, ascriveva nella schiera d’irrealta cio’ che mai sono stato, niente di cio’ che ho fatto, nulla di quanto ho udito.
Qualcuno ha corso e l’ha fatto con velocita’ stratosferica ma non so chi, non ricordo quando e piu’ ci penso piu’ comprendo illudermi di risposta, aria viziata e stantia del possibile ricordo, perenne incertezza ed incostante domanda che lascio alle spalle come potenziale lascito, piccolo timore, silenzio ignorato ma profondo abbastanza da costringersi a non guardarlo negli occhi spenti e dolorosi.
Tutto giusto, tutto sbagliato, non soffermarsi sino in fondo, sete mai placata d’oceano lontano e sincero in cui ritrovo persone, riconosco volti, ascolto con rinnovata gioia storie e racconti, stringersi di mani, braccia, guance vicine e solo ricordare e’ distesa d’ulivi, terra brulla e spiovente, canzoni sempre uguali, immancabilmente epiche e meravigliose e alla fine della strada, case e sabbia, passato remoto di coreografica presenza e immortalita’ dell’incoscienza che invero definisce cristallizzando apparente immagine in concreta realta’.
Gia’ dov’ero, cosa ho ceduto in cambio di quattro parole lo so bene, pagato ieri il conto di domani che inevitabilmente sara’ presentato mentre l’oggi e’ il pretesto per non assumere posizione alcuna, non riflettere e guardare laddove non potevo essere, non sapevo andare, non ho mai creduto.
I’m so tired but i cant sleep
standin on the edge of somethin much too deep
its funny how we feel so much but cannot say a word
we are screaming inside but we can’t be heard

Sbagliato mattino

Luna artificiale ma adoro quel grigio, il nero intarsiato in arabeschi meccanici, segmenti perfetti, invisibili punti di giunzione e non mi va di osservare altro, di ascoltare altro, non so dove nascondermi dalle domande aperte alle quali non riesco a trovare risposta adeguata e soddisfacente.
L’ombra e’ amica, il buio complice ma se rimanessi solo qualcosa cambierebbe in meglio, all’oscurita’ preferirei chiarore elettronico, solo interlocutore che non parla spiegando tutto.
Penso troppo, ripenso troppo, immagino non abbastanza, eccessiva prudenza, elegante assenza, tempi dispari che affascinano ma non risolvono, contraddizione di stile ed intenti, rogo di cenere che dura poco, riflesso, stanco riflesso.
Lontano, lontano, fantasmi di sospese questioni, rinnovate illusioni, concerto senza uditori, pochi strumenti, troppi interrogativi dalle mani artigliate che lacerano aria e cuore, reciproco rammarico, voglia di spingersi in territori che so esistere ma non conosco, non professo, non gestisco, rimozione, rimozione, rimozione.
Imbocco sentiero opposto, alternativo a me stesso, forse anche questo metodo d’ispirazione, disperazione, conduzione laterale, una specie di sax che emerge dal fondo di sonata antica, ere lacerate, menti sconfitte, impossibile comanda.
In fondo il vanto dov’e’, scommessa difficile con tutto da mettere in gioco, primi gli assoluti, a seguire le certezze, infine carne e sangue, un po’ d’ossa, molte interiora, anima a coprire, forse raccogliere, conservare.
Promesse mai mantenute, regali sorprendenti eppure non voluti, aria tracciante, filo invisibile che da qualche parte conduce, magari pochi passi piu’ in la’, forse nel silenzio o forse nell’immenso cosmo delle infinite memorie, delle accadute speranze, di gioiosi vaneggiamenti.
Speranze, si bisogni, potrebbe piccolo segno, magari direzione, magari…
Show me a promised land and I will go anywhere
And if you ask me to take my time I’ll wait for years
I’ll hold on though the whole world tells me I’m wrong
Someday, someday
But it seems so long

Minuscolo quanto il cielo

Certe canzoni vanno lasciate stare.
Certe canzoni sono fate che umani non devono vedere tantomeno sfiorare, creature delle quali solo intuire esistenza, leggendaria presenza, magnifico sospetto, racconto da tramandare nelle sere in cui il buio fa paura, quando fuori non c’e’ nessuno ad ascoltarti e vuoto dentro divora il cuore a piccoli morsi.
Puo’ capitare di intravederne qualcuna giocare tra i cespugli, bagnarsi i piedi nel ruscello, rotolare nell’erba e raccogliere raggi di sole per adornarsi capo e braccia ma mai, mai disturbarle perche’ certe canzoni vivono di luce propria, di propria energia da godersi riflessa, da sentirsi come vento tra i capelli, come pioggia mischiata a lacrime, come carezza quando ci si sente sconfitti e perduti.
Non tentare in alcun modo di comunicare perche’ certe canzoni sanno solo parlare con voce soave e leggera, sussurrano con la forza di un uragano, lasciano dietro loro spazi immensamenti aperti nei quali ripartire, ricostruire o forse solo un luogo in cui riposare, dove l’infinito e’ conquista, appagamento e nel sentirsi cosi’ minuscoli ripartire per fortificare e crescere, punto d’arrivo di un ciclo che altri inizia e apre, destinazione che e’ partenza, inversione di ruoli, rivoluzione.
Il colore di certe canzoni e’ sempre bianco e nero, stacco netto ed indiscutibile, incontestabile essenza che contrasta grigio di un mondo a loro alieno e lontano eppure tra quel bianco e nero vi sono microscopiche fessure d’infiniti colori, di variopinti racconti e ogni racconto e’ sinfonia solo sognata, riflesso di anima inquieta, speranza mai abbandonata, eventualita’ che laggiu’ da qualche parte e’ divenuta ricordo, fotografia con poca polvere da pulirsi con cenno leggero della mano e un sorriso.
Certe canzoni volgono il capo e guardandoti negli occhi sara’ amore, strada non piu’ desolata, inizio e fine perche’ alla fine certe canzoni saranno sempre li’, alla fine certe canzoni sono nate per te e in te vivono, crescono, finiscono.
On a morning from a Bogart movie
In a country where they turn back time
You go strolling through the crowd like Peter Lorre
Contemplating a crime
She comes out of the sun in a silk dress running
Like a watercolour in the rain
Don’t bother asking for explanations
She’ll just tell you that she came

E’ pieno di stelle

Oggetti non esistono nella materia ma nella consistenza della luce che plasma prima di ritrarre e presentare al mondo cio’ che avviene, cio’ che compare, cio’ che e’.
Colore e’ stato di realta’ non strano rimbalzo elettromagnetico perche’ qualcosa e’ cio’ che appare se si manifesta con inchino e garbo eppur decisa presenza, materiali sfuggevoli, consistenze indefinite, tutto da inventare, tutto da creare.
Ho visto nubi grigie e cielo cobalto e sole come un grido prima di spegnersi, palazzi bigi ed inutili come immensi capolavori d’umano ingegno, forse ispirazione di un dio superbo su torri appoggiato nel glorificarsi, nell’esaltarsi riflesso ed appassionato in creature protese a compiacere ed essere amate.
Se luce e’ materia che mio diventi lampeggio di led furiosi, che puntini freddi e silenziosi parlino, gridino sdegno d’appartenenza, voglia di rivalsa e giungano a me che so conservare, apprezzare e stringere energico come mia carne, come miei pensieri, figli, emozioni che altrimenti non so, non spiego.
Ogni lampadina si riposi, interruttori premuti, telecomandi adagiati e nel mio universo mi riempio di lampi e suoni, nel mio buio cosmo vedo tutto, capisco tutto, sento tutto, amo tutto, accarezzo compiacente e compiaciuto, mi muovo perche’ so creare passi e concetti nell’ignoto conosciuto, sorpreso del sorprendermi e non lontano un bambino gioca col balocco piu’ costoso della vetrina senza piu’ invidia, senza piu’ malinconia, eternita’ di un minuto ma che importa quando infinite frazioni lo rendono intero, cos’altro serve quando e’ percezione a definire, e’ concezione a porre limiti e definizioni e gli occhi vedono cio’ che gli si comanda e io vedo futuro, infinito, gioia, pace.
Strisce di un viaggio velocissimo, corsie colorate come strade a stratificato paesaggio e l’intorno e’ ogni cosa, il viaggio e’ meta, meta trasformazione, evoluzione, arrivo che e’ inizio, bagliore genera buio, buio, razza, eternita’.
And I am not frightened of dying,
any time will do, I don’t mind.
Why should I be frightened of dying?
There’s no reason for it, you’ve gotta go sometime.

Circolazione d’eventi

Vento artificiale in questa stanza, elettronico generato da decenni che appaiono eoni, terre piu’ vicine che lontane, sorseggio soave di nettare antico, dimenticato troppo, troppo velocemente eppure vivo argento capace di portare altro vento, altri ricordi, paralleli, paralleli si.
Feste e sbiaditi ricordi ingialliti da un tempo in cui qualcosa poteva servire, poteva cambiare ma perche’, perche’ ricordare ora, quale miserrimo tentativo di riaffiorare lontane stanze, occhi chiusi e affaticati, note bassissime al limite del dolore e mani sulle orecchie, sabbia in bocca, attonito e perduto.
Tutto sbagliato, tutto sbagliato lo so bene, ricordo vittoria della quale mai avrei voluto pagare prezzo, magnifico prezzo, orrendo prezzo e ricordando ancora vivo, ancora sento scricchiolii e lamenti.
Fu proprio li’ che non mi rialzai contemplando da terra un cielo grigio e lontano, elargendo sorrisi e promesse, indifferente e sovrano, padrone di infiniti futuri e stelle a manciate, astri in celeste formidabile a sua volta luminoso ed incandescente.
Desiderio di essere cristallo, in apparenza trasparente, reale inghiottire luce trattenuta pochissimi istanti e poi ridarla al mondo un po’ piu’ colorata, un po’ piu’ distorta, elaborazione, assimilazione, furto improprio ma necessario, quasi dono.
Le mie parole sono sbadigli, il mio volto e’ sale che brucia, le mie mani artigli spuntati, canzone di accordi stridenti intollerabile, dolorosa, invocazione maledetta malgrado intraveda purezza, verita’, desiderio e ascolto parole che non so pronunciare, che a stento concepisco mie eppure come energia sconosciuta da me generate abbagliano cio’ che di buono alberga nei meandri azzurro elettrico dei pensieri, nella foresta silente delle intenzioni, nell’improvvisa illuminazione di notte scura e bastarda e non c’e’ perdono, non c’e’ espiazione, accettazione di mani giunte, improvviso rendersi conto che se esiste un perche’ allora io posso esistere, io posso resistere, io posso.
It’s warm tonight
It rained tonight
The windows are all open wide
Can’t see the clock to check the time
Nothing is moving
When you walk through me