Segnali dal tempo

Una canzone ed e’ anno che non so se voglio ricordare se sorpresa e’ considerazione che non preserva piu’ da paure che affrontate non spariscono, non svaniscono ed e’ camminare su filo sottilissimo e doloroso da qualunque lato lo si guardi, con qualunque protezione si adotti, luce mostra, luce salva, luce svela, luce coprimi e nascondimi.
Asfalto e caldo, sudore e voglia di vento, ironica scoperta che vivere non e’ vita, dimenticare ultima illusione nel piu’ chiuso dei cassetti e conservare tutto, non dimenticare nulla, escludere dal quotidiano tracciando in solchi profondi e ripetuti vergati con rabbia e amore, disperazione ed incoscienza, innocenza piu’ perduta che conquistata ma tutto serve  si dice, tutto salva si spera, il cielo osserva, il cielo aiuta, il cielo perdona e permette, come canzone termina e si ripete, un po’ piu’ alta, un po’ piu’ spenta, noia e bisogno come molle d’esistenza, come urlo di vittoria.
Ore passano, vera trasformazione, parole restano ma non voglio sapere, leggere e’ proibito ma non buttare, mai gettare in pasto al dio delle storie dimenticate il proprio volto fiero e sopravvissuto che non dimentica eppure resta lontano dai ricordi insonni, dai nervi troppo tesi e scattanti, dalla dimensione creduta propria, vissuta con l’intensita’ di chi sa’ gettarsi e riprendersi, col sorriso di chi perde sangue e gioisce di strada verso casa ritrovata ma quelle non sono mura note, porta sicura di unica direzione ed entrare puo’ essere trappola se alba ancora ha senso, se tramonto sempre ispira, se finestra e’ considerazione di troppa o troppo poca liberta’, parole e non frasi, incompiuto discorso.
C’e’ tutto eppure sembra niente nell’aspettarsi una reazione di chi sa conoscere e comprendere ma esistono forze, magnetismi che diversi attraggono e uguali respingono, farsa di natura severa, forse ingiusta ma la casualita’ e’ ragione di chi non sa comprendere che esiste un inizio, una fine, ininterrotto centro dal quale impossibile e’ fuggire e nel vincolo vi e’ salvezza, nel legame negata fuga e come spesso accade, le reti salvano ma non preservano un brivido che seppur dovuto e’ da guadagnarsi, da meritare, da incorniciare quando in gola resta una parola sola.
The observation I am doing could
Easily be understood
As cynical demeanour
But one of us misread…
And what do you know
It happened again

Il vero soffio

Cielo bianco, compatto m’ignora mentre penso a un po’ di tutto, mentre questa terra sfiora senza calore eppure avvolgente e nel mentre percepisco separazione di individui a loro volta scollati, percentuale di trasparenza variabile, nuovi fantasmi, nuovi uomini stratificati nel tempo,futuro  infinitesimo eppure irrinunciabile in cosmogonica logica che idea sola di Dio puo’ far accettare e comprendere e’ rifutare, cancellare, eterno ridotto a ectoplasmatico serale televisivo.
Guido perche’ in fondo e’ raggiungere qualcosa, qualcuno, avvicinarsi se medesimo allontanarsi sopraggiunge ed e’ cosi’ freddo il volto al tocco, talmente algide le mie mani e lontane e asciutte e desiderose di cio’ che gia’ possiedono ma consapevolezza e’ pericolosa, speranza e’ certezza, piccolo brivido elettrico e velenoso, droga ed illusione a pagamento di rinuncia mai del tutto attuata.
Come supplica irrompe compassione e tenerezza, sentimenti di celeste colore e odio quel cielo bianco che tanto rimanda a fluido mio sangue e bramo cessare esistere, indegno ed inutile, soppiantato da storia e uomini, palesemente fuori contesto tra chi ha accettato ruolo e in esso ha significato e ragione.
Vivere vergogna di non vedere con altri occhi, non riflettersi in disagio sconosciuto, coraggio, mancanza di coraggio per sopportare peso di pianeta da edificare, modellare e in quella che appare corsa obliqua, inutile, inutile, inutile.
Cio’ che aleggia non e’ arroganza, e’ umile nullita’, spiacevole ammissione in dolorosissimo minuto nel quale vorrei stringere ed accarezzare, consapevole del donare fortificante acciaio e ricevere verita’ assoluta, unica possibile, la sola necessaria in cio’ che rende tenera comunque ignobile notte e quando raggelato resto nel mio bianco indurito cielo e inseguendo quel profumo eterno di lavanda, sprofondo ancora un poco nell’inutile profondita’ del nulla condurre, dell’osservarsi aliena sostanza in luogo d’altrui materia, di significante oblio.
Say hello on a day like today
Say it everytime you move
The way that you look at me now
Makes me wish I was you
It goes deep
It goes deeper still
This touch
And the smile and the shake of your head

Anelli di fumo

Kaneda, che cosa vedi?
Parlami dell’onda di plasma che sta per avvolgerti, raccontami di come ci si possa annullare nella luce, spiegami cosa accade quando si torna ad essere pura energia, puro calore, fascio d’elettroni puntato oltre terrore del corpo, supplizio di mortalita’, tormento e attesa di pesante esistere, inutili rotazioni, spirali su inevitabile nulla.
Cos’e’ la paura Kaneda, si ciba forse di debolezze o della loro assenza, di essenza magari oppure e’ grigio soffitto di notte insonne, atavico desiderio di esplorare oltre la roccia, oltre fiume che e’ sostentamento eppure confine, placida trappola dalla quale fuggire pagando pegno in mortale sconfitta o peggio eterno ed inutile grigio.
Qual’e’ la strada Kaneda se ora i miei occhi sono chiusi e ciechi e doloranti, pieni di immagini che non voglio piu’ vedere, colmi di inespressa arte, inedite ardite sequenze di film mai girato, occhi che non sanno scegliere perche’ tutto e’ gia’ stato deciso, calcolato, segnato, baratto perdente e sfortunato.
So che non puoi tornare indietro Kaneda perche’ esistono scelte ed ogni scelta e’ compagna di strada, promessa da mantenere ad ogni costo e forse quel muro che ti si para innanzi non fara’ male quanto cio’ che gia’ e’ lasciato, cio’ che gia’ e’ trascorso celato in troppa voglia di confondere fine con mezzo.
Sono stanco Kaneda, stanco d’ascoltarmi, stanco di aver compreso infinito superfluo, montagne impossibili da scalare, stanco di qualcosa che non esplode, che non squarcia il petto una volta per tutte, una volta per sempre, stanco d’aver combattuto e vinto, troppe volte aspettato, troppe volte ricevuto e troppe volte abbandonato.
Forse e’ li’ che devo andare Kaneda, raggiungerti in silenzio, in silenzio ergermi fiero e impavido, perche’ talvolta sconfitta e’ unica forma di vittoria auspicabile.
Si Kaneda, che cosa vedi…